Il Consiglio Direttivo della Camera Penale di Parma sul 41 bis o.p.
Interveniamo nel dibattito pubblico sul 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario dopo aver letto l’editoriale a firma di Pino Agnetti apparso sulla Gazzetta di Parma di mercoledì 8 febbraio scorso. Concordiamo con il giornalista che sull’argomento “molti parlano e straparlano senza neppure sapere cos’è “.
È bene ricordare che il regime differenziato era stato introdotto, in un determinato momento storico, solo per prevenire il collegamento con l’esterno di detenuti ritenuti facenti parte di consorterie criminali organizzate e a tal fine sono state predisposte restrizioni esclusivamente finalizzate ad impedire le relazioni con l’esterno e dirette a rescindere i legami criminali.
Tale regime differenziato si è invece trasformato nel tempo in quello che oggi chiamiamo “carcere duro” perché caratterizzato da un sistema di privazioni, divieti e imposizioni che violano, a vario titolo, alcuni principi fondamentali della nostra costituzione.
Come ben espresso da altri prima di noi, ogni limitazione degli spazi di vita, socializzazione ed espressione della persona reclusa costituisce una forma illegale di pena perché introduce la sofferenza come pena addizionale e, pur avendo lo Stato il diritto di differenziare i regimi detentivi in ragione della gravità dei reati commessi e dell’accertata pericolosità del detenuto ha, in ogni caso, il dovere di garantire l’osservanza dei precetti costituzionali.
Come sarebbe messa in pericolo la sicurezza dello Stato permettendo a quei detenuti di poter, pur con la dovuta sorveglianza, incontrare i propri familiari? A quale rischio si andrebbe incontro permettendo loro di appendere quadri ai muri o di mantenere rapporti culturali? O ancora, a quale pericolo potrebbe andare incontro la sicurezza dello Stato nel consentire a queste persone di respirare più di due ore di aria al giorno, se solo si pone mente al fatto che il detenuto trascorre il resto della giornata in totale isolamento?
La Camera Penale di Parma si occupa da oltre 20 anni di difendere i diritti e non i reati e per questo, con forza, ribadisce che il regime del cd. 41 bis, come declinato nell’attuale contesto storico – politico – culturale, viola l’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo secondo cui nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti.
La domanda da porsi è se lo Stato possa abdicare alla propria Costituzione sancendo che questi uomini non hanno diritti e che la pena per loro ha una sola funzione: quella vendicativa.
La verità è che un “Paese autenticamente libero e democratico” che umilia la dignità del detenuto mina alla base la sua stessa credibilità di garanzia costituzionale.
Parma 12 febbraio 2023
Il Consiglio Direttivo della Camera Penale di Parma
Nota-Direttivo-12.02.2023.pdf